"I consultori familiari in questi quarant’anni si sono posti a fianco delle famiglie con l’attitudine del buon samaritano, aiutandole ad attraversare le numerose sfide che hanno contrassegnato l’attuale cambiamento d’epoca."

È il lunedì 4 ottobre 1965: giorno di san Francesco (non a caso paladino di qualsiasi discorso pro-pace). Papa Paolo VI pronuncia un discorso storico, che non possiamo oggi non rileggere.

guerra ucrainaÈ il lunedì 4 ottobre 1965: giorno di san Francesco (non a caso paladino di qualsiasi discorso pro-pace). Papa Paolo VI pronuncia un discorso storico, che non possiamo oggi non rileggere. Parla di fronte ai rappresentanti dell’ONU, a “voi, che rappresentate tutte le genti”. A loro, col cuore in mano, il Santo Padre dice di voler portare un “messaggio felice”, a nome della “voce dei morti e dei vivi; dei morti, caduti nelle tremende guerre passate sognando la concordia e la pace del mondo; dei vivi, che a quelle hanno sopravvissuto portando nei cuori la condanna per coloro che tentassero rinnovarle; e di altri vivi ancora, che avanzano nuovi e fidenti, i giovani delle presenti generazioni, che sognano a buon diritto una migliore umanità […] dei poveri, dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia, alla dignità della vita, alla libertà, al benessere e al progresso”. 

Ed ecco il suo appello: “l'edificio, che avete costruito, non deve mai più decadere, ma deve essere perfezionato e adeguato alle esigenze che la storia del mondo presenterà. Voi segnate una tappa nello sviluppo dell'umanità, dalla quale non si dovrà più retrocedere, ma avanzare”. “Perseverate, procurate di richiamare fra voi chi da voi si fosse staccato, e studiate il modo per chiamare, con onore e con lealtà, al vostro patto di fratellanza chi ancora non lo condivide. Fate che chi ancora è rimasto fuori desideri e meriti la comune fiducia, e poi siate generosi nell'accordarla. E voi, che avete la fortuna e l'onore di sedere in questo consesso della pacifica convivenza, ascoltateci: fate che non mai la reciproca fiducia, che qui vi unisce e vi consente di operare cose buone e grandi, sia insidiata o tradita”.

Lo possiamo immaginare questo piccolo grande uomo che, slanciato verso il futuro, addolorato per le tante guerre che allora come oggi continuavano ad insanguinare il pianeta, grida quasi: “Cadano le armi, si costruisca la pace totale”. E di fronte ai bollettini di guerra che puntuali giungono ogni ora dal fronte ucraino, alle minacce di una guerra totale e nucleare, fanno rabbrividire le parole di J.F. Kennedy che Paolo VI ricordò allora ai rappresentanti dell’ONU: "L'umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all'umanità".

Sappiamo che non possiamo modificare con queste parole la volontà di una follia omicida che ancora una volta si è scatenata ad ignorare i valori più elementari di umanità che per secoli faticosamente uomini di buona volontà, religiosi e laici, hanno cercato di custodire, ma ci fa bene non disperare, continuare a pregare e a coltivare questi valori così luminosi. Ci fa bene ripetere quelle parole sante che non potranno mai essere cancellate e che nessuna minaccia né alcun fuoco nemico potrà spegnere: “Non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell'intera umanità!”. Ci fa bene sapere che il Bene vince, che l’umanità non potrà disconoscere la storia.

Se constatiamo ancora una volta che “Il pericolo non viene né dal progresso né dalla scienza: questi, se bene usati, potranno anzi risolvere molti dei gravi problemi che assillano l'umanità. Il pericolo vero sta nell'uomo, padrone di sempre più potenti strumenti, atti alla rovina ed alle più alte conquiste!”, ci fa bene sapere che nell’uomo sta anche la forza di continuare a fare ognuno, nel proprio ambito e secondo le proprie forze, tutto il possibile perché non solo la guerra abbia termine, ma la “collaborazione fraterna” oltrepassi “la coesistenza” (come sottolinea ancora il Papa). Noi continuiamo a crederci e a provare a seminare il bene.

Livia Cadei


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